Ci sono silenzi e silenzi. Perché si può stare in silenzio per non ferire, per proteggere o semplicemente per stemperare una lite, ma si può smettere di comunicare anche per ferire e punire. È questo il silenzio punitivo. Non ci si riferisce alla non voglia di parlare che si prova spesso dopo un litigio e che si stempera in poco tempo dando la possibilità di un nuovo confronto. Il silenzio punitivo emerge all’improvviso come decisione unilaterale per qualcosa ritenuta fastidiosa o per un’offesa reale o solo immaginata e si protrae per giorni o addirittura settimane. Ci si sottrae alle richieste di spiegazione e chiarimento, non si risponde alle telefonate o ai messaggi e a volte si sparisce completamente. La punizione del silenzio può avvenire in presenza o in assenza. Il trattamento del silenzio in presenza avviene quando si vive nella stessa casa. In questo caso si decide di zittirsi, si continuano a svolgere le azioni quotidiane ignorando completamente il partner e non rispondendo alle sue richieste di chiarimento. Il trattamento del silenzio in assenza avviene, invece, quando si è fisicamente lontani e non si risponde più ai messaggi, si lascia squillare il telefono o si bloccano le chiamate in arrivo. Nell’uno e nell’altro caso l’assenza di risposte alimenta insicurezza, malessere e senso di inadeguatezza, tanto che la persona che lo subisce comincia a sentirsi sempre più invisibile, insignificante e priva di valore. Il silenzio è avvertito come qualcosa che squarcia il cuore, una nebbia fitta che avvolge tutto con una coltre di buio e pesantezza. Ci si perde in un rimuginare mentale con cui si cerca di stanare il comportamento sbagliato o la frase inopportuna che ha causato il silenzio. Una soffocante sensazione di colpa e di non essere sufficientemente amorevole comincia a impadronirsi dei pensieri e delle emozioni, togliendo lucidità e facendo sprofondare in un abisso di abbattimento e depressione. Può accadere allora di avvertire un nodo alla gola, un senso di oppressione e tachicardia, manifestazioni fisiche che assumono sempre più le caratteristiche di veri e propri attacchi di panico. Si alternano momenti di completa inappetenza a giorni di grande abbuffate, e anche il sonno diventa agitato e frammentato da innumerevoli risvegli. Riuscire ad avere una risposta diventa un pensiero ossessivo perché è vista come l’unica cosa che possa far stare di nuovo bene e che possa ripristinare un valore personale. 

di Dottoressa Anna Cappuccio