Gli attacchi di panico

Improvvisamente, un nodo alla gola, una fitta lancinante al torace, il cuore sembra scoppiare con un battito veloce e quasi rumoroso, il corpo appare imprigionato in uno stretto vestito di sudore freddo o di vampate di calore che rende difficile ogni movimento. Ci si sente inghiottiti da un profondo buco nero fatto di nausea e vertigini, la testa si affolla di pensieri paurosi e catastrofici, la sensazione è quella di morire, di impazzire, di non avere via di scampo.
È questo l’attacco di panico che compare spesso senza alcun preavviso. In genere il primo episodio si manifesta nell’adolescenza o nella prima età adulta ed è comunque sempre legato a momenti di transizione della vita, momenti caratterizzati da profondi cambiamenti e che impongono una trasformazione di abitudini e di stile di vita. L’elemento sconcertante dell’attacco di panico è che non compare mai nella fase di stress acuto, durante il periodo di difficoltà, ma si manifesta con impetuosità quando la criticità è stata risolta e superata. Ciò fa sì che l’attacco di panico attivi la paura forte e prorompente di rivivere quell’esperienza così devastante, con il rischio che il singolo episodio si trasformi in un vero e proprio disturbo di panico. Questa paura, purtroppo, favorisce l’attivazione del circolo vizioso dell’evitamento per cui la persona comincia a limitare le attività e ad evitare i luoghi associati agli attacchi di panico. Quindi diventa sempre più difficile viaggiare, prendere il treno o la macchina, ma anche semplicemente uscire di casa o vedere amici. L’evitamento, paradossalmente, rende la persona schiava della paura e coinvolge nella dinamica anche i familiari, costretti ad adeguarsi alle paure, a non lasciarla sola e ad accompagnarla nelle attività quotidiane. Questa dipendenza può alimentare una conflittualità familiare e una depressione reattiva nella persona, che sente di non poter più gestire autonomamente la propria vita e di essere completamente dipendente dagli altri. Dopo aver escluso cause diverse da quelle psicologiche, sarebbe opportuno chiedere un aiuto psicoterapeutico che permetta di prendere consapevolezza sulle cause che provocano gli attacchi di panico e che sostenga nella modifica di pensieri e modi di vedere che alimentano la risposta ansiosa. Anche i familiari vanno sostenuti, mostrando come sia importante comprendere ed ascoltare, ma non sostituirsi al loro caro in difficoltà. “Fare al posto di” per evitare un nuovo attacco di panico vuol dire alimentare sempre di più la dipendenza e il circolo vizioso del panico. Bisogna invece spingere verso l’autonomia, riflettendo insieme alla persona cara su quali strategie adottare per affrontare una situazione che viene avvertita critica e ansiogena. Soprattutto è importante che la persona comprenda che l’attacco di panico non è perdita di controllo o anticamera della follia, ma è solo un modo attraverso cui emozioni sconosciute e inascoltate cercano voce per aprirci a nuovi scenari di vita e di benessere.

di Anna Cappuccio – psicologo clinico, psicoterapeuta